Di dolci aspre catene (per cinque voci) rappresenta il quarto capitolo di una personale esplorazione della vocalità madrigalistica cominciata con
Dir - in dir (per sei voci e sei archi), a cui hanno fatto seguito
Horrido (per sette voci), e
Se taccio, il duol s’avanza (per violino e dodici voci) con cui i nuovi madrigali condividono la fonte poetica, le “rime” di Torquato Tasso. Il percorso continuerà con una nuova serie di madrigali su testi di poeti inglesi dell’età elisabettiana. Caratteristica comune di questi lavori oltre al ricorso alla lingua “antica” è l’utilizzo della retorica – alla base della teoria degli affetti che aveva spinto così in avanti la ricerca musicale nell’epoca d’oro del madrigale – in funzione strutturale e espressiva. Le tecniche vocali contemporanee, di cui ho fatto uso approfondito nei miei cicli vocali a voce sola e a cui non rinuncio neanche in questo caso seppure le impieghi in maniera più moderata, sono piegate ai valori linguistici, strutturali e concettuali di questi testi, celeberrimi anche perché, prima di me, musicati da illustrissimi musicisti, contemporanei del Tasso: testi così impregnati degli artifizi della parola, resi estremi, sfuggenti e polisemici, dalle sottigliezze dell’amore cortese. La forma, il decorso armonico, l’architettura generale dei brani e il loro rapporto si fanno valori più importanti dei singoli momenti, tesi a “illustrare” in maniera madrigalistica (modernamente intesa, cioè mai al primo grado) le parole e le loro ripercussioni emotive, e l’insufficienza (o la potenza?) del linguaggio simbolico.
S.G. 3.9.14
Di dolci aspre catene (for five voices) is the fourth chapter of a personal exploration of madrigalistic vocality that began with
Dir - In dir (for six voices and six strings), followed by
Horrido (for seven voices) and
Se taccio, il duol s’avanza (for violin and twelve voices) that share their poetic source with the new madrigals, namely the
Rime of Torquato Tasso. This path will continue with a new series of madrigals on texts by English poets of the Elizabethan age. A common characteristic of these works, besides making use of an “ancient” language, is the use of rhetoric – at the basis of the theory of affects that moved musical research so much forward during the golden age of the madrigal – both structurally and expressively. Contemporary vocal techniques, which I widely exploited in my cycles for solo voice and that I haven’t forsaken also in this case (though used in a more moderate fashion) are guided by the linguistic, structural and conceptual values of these texts, very well known also because, before me, they were set by illustrious musicians contemporary to Tasso: texts so impregnated with the artifices of the word, taken to their extreme, fleeting and polysemic, in the subtleties of courtly love. The form, the harmonic course, the general architecture of the pieces and their relation together create values more important than the single moments, aimed at “illustrating” in a madrigalistic style (in the modern sense, that is never in the original conception) the words and their emotional repercussions, and the insufficiency (or the power?) of symbolic language.
S.G. 3.9.14
I - Amor l’alma m’allaccia
Amor l’alma m’allaccia
di dolci aspre catene:
non mi doglio io per ciò, ma ben l’accuso
che mi leghi ed affrene
la lingua a ciò ch’io taccia
anzi a madonna timido e confuso
e ’n mia ragion deluso.
Sciogli, pietoso Amore,
la lingua, e se non vuoi
che mi stringa un sol men de’ lacci tuoi
tanti n’aggiungi in quella vece al core.
* * *
II - Se così dolce è il duolo
Se così dolce è il duolo,
deh, qual dolcezza aspetto
d’imaginato mio nuovo diletto.
Ma se avverrà ch’io moia
di piacer e di gioia,
non ritardi la morte
sì lieto fine e sì felice sorte.
* * *
III - Lettera Alla Signora Leonora Sanvitale
Perchè io non meno in questa mia prigionia sono stato rapito da divino furore, che commosso da furor di malinconia, poichè gli effetti dell'uno si son divolgati, desidero, che l'opere dell'altro eziandio si manifestino: il quale ragionevolmente più mi dovea acquistar di grazia, che l'altro d'odio non m'ha concitato; perciocchè io dall'uno volontariamente mi son lasciato rapire; e dall' altro contra mia voglia sono stato sforzato, avendo giusta mia possa fatta difesa. Mando dunque a V. S. questo picciol volume di rime, opera anzi di Febo, e d'Amore, che d'alcun'arte: e la prego, che voglia con ogni suo studio procurare, che l'emenda degli errori sia non men cara, di quel che gli errori siano stati spiacevoli, a coloro massimamente, i quali ella può sapere che più m'incresce di avere offesi. E se pur lodati sono alcuni, che mai da me biasimati non furono, questi con gli altri debbono, se non m'inganno, favorirmi; fra' quali lodatissima sempre senz'alcun biasimo è V. Signoria. E le bacio le mani.
[…] sol resta Amor che spira fiamma e tosco.
* * *
IV – È la bellezza un raggio
È la bellezza un raggio
di chiarissima luce
che non si può ridir quanto riluce,
né pur quel ch'ella sia.
Chi dipinger desia
il bel con sue parole e i suoi colori,
se può dipinga il sol e no 'l contempre
sí ch'ei n'abbagli e stempre,
né sianl'ombre il suo velo,
ma vive carte e l'oriente il cielo.
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I-II-IV da “Torquato Tasso, Rime”.
III da“Lettere inedite di Torquato Tasso poste insieme dall'abate Pier’AntonioSerassi, Pisa,presso Niccolò Capurro, MDCCCXXVII”; e da “Torquato Tasso, Rime, Sonetto alla Contessa di Scandiano, Loda il labro di sotto de la signora Leonora Sanvitale, il quale è alquanto ritondetto e si sporge fuori con mirabil grazia”.
N.B. Della lettera Alla Signora Leonora Sanvitaleè stata rispettata l’ortografia dell’edizione presso Niccolò Capurro.