Di dolci aspre catene

quattro madrigali a cinque voci su testi di Torquato Tasso

2013-14/2017
FOR
vocal ensemble (S. MS. CT. T. B.)
TEXT BY
Torquato Tasso
DURATION
12'
COMMISSION
Exaudi with funding from Diaphonique, a Franco-British contemporary music fund supported by the Institut Français, the Sacem, the Bureauexport de la Musique, the British Council and Ministère de la Culture et de la Communication
FIRST PERFORMANCE
18.10.14, London, Bishopsgate Institute, Grate Hall, Exposure 2014, Exaudi Vocal Ensemble
PUBLISHER
CATALOGUE NUMBER
S. 14496 Z.
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Audio extracts

Di dolci aspre catene - Exaudi Vocal Ensemble, J. Weeks, dur. 8:07, unedited live recording, 2014

Score extracts

Introduction

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Di dolci aspre catene (per cinque voci) rappresenta il quarto capitolo di una personale esplorazione della vocalità madrigalistica cominciata con Dir - in dir (per sei voci e sei archi), a cui hanno fatto seguito Horrido (per sette voci), e Se taccio, il duol s’avanza (per violino e dodici voci) con cui i nuovi madrigali condividono la fonte poetica, le “rime” di Torquato Tasso. Il percorso continuerà con una nuova serie di madrigali su testi di poeti inglesi dell’età elisabettiana. Caratteristica comune di questi lavori oltre al ricorso alla lingua “antica” è l’utilizzo della retorica – alla base della teoria degli affetti che aveva spinto così in avanti la ricerca musicale nell’epoca d’oro del madrigale – in funzione strutturale e espressiva. Le tecniche vocali contemporanee, di cui ho fatto uso approfondito nei miei cicli vocali a voce sola e a cui non rinuncio neanche in questo caso seppure le impieghi in maniera più moderata, sono piegate ai valori linguistici, strutturali e concettuali di questi testi, celeberrimi anche perché, prima di me, musicati da illustrissimi musicisti, contemporanei del Tasso: testi così impregnati degli artifizi della parola, resi estremi, sfuggenti e polisemici, dalle sottigliezze dell’amore cortese. La forma, il decorso armonico, l’architettura generale dei brani e il loro rapporto si fanno valori più importanti dei singoli momenti, tesi a “illustrare” in maniera madrigalistica (modernamente intesa, cioè mai al primo grado) le parole e le loro ripercussioni emotive, e l’insufficienza (o la potenza?) del linguaggio simbolico.
 
S.G. 3.9.14

Text(s)

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I - Amor l’alma m’allaccia

Amor l’alma m’allaccia
di dolci aspre catene:
non mi doglio io per ciò, ma ben l’accuso
che mi leghi ed affrene
la lingua a ciò ch’io taccia
anzi a madonna timido e confuso
e ’n mia ragion deluso.
Sciogli, pietoso Amore,
la lingua, e se non vuoi
che mi stringa un sol men de’ lacci tuoi
tanti n’aggiungi in quella vece al core.

* * *

II - Se così dolce è il duolo

Se così dolce è il duolo,
deh, qual dolcezza aspetto
d’imaginato mio nuovo diletto.
Ma se avverrà ch’io moia
di piacer e di gioia,
non ritardi la morte
sì lieto fine e sì felice sorte.

* * *

III - Lettera Alla Signora Leonora Sanvitale

Perchè io non meno in questa mia prigionia sono stato rapito da divino furore, che commosso da furor di malinconia, poichè gli effetti dell'uno si son divolgati, desidero, che l'opere dell'altro eziandio si manifestino: il quale ragionevolmente più mi dovea acquistar di grazia, che l'altro d'odio non m'ha concitato; perciocchè io dall'uno volontariamente mi son lasciato rapire; e dall' altro contra mia voglia sono stato sforzato, avendo giusta mia possa fatta difesa. Mando dunque a V. S. questo picciol volume di rime, opera anzi di Febo, e d'Amore, che d'alcun'arte: e la prego, che voglia con ogni suo studio procurare, che l'emenda degli errori sia non men cara, di quel che gli errori siano stati spiacevoli, a coloro massimamente, i quali ella può sapere che più m'incresce di avere offesi. E se pur lodati sono alcuni, che mai da me biasimati non furono, questi con gli altri debbono, se non m'inganno, favorirmi; fra' quali lodatissima sempre senz'alcun biasimo è V. Signoria. E le bacio le mani.

[…] sol resta Amor che spira fiamma e tosco.

* * *

IV – È la bellezza un raggio

È la bellezza un raggio
di chiarissima luce
che non si può ridir quanto riluce,
né pur quel ch'ella sia.
Chi dipinger desia
il bel con sue parole e i suoi colori,
se può dipinga il sol e no 'l contempre
sí ch'ei n'abbagli e stempre,
né sianl'ombre il suo velo,
ma vive carte e l'oriente il cielo.

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I-II-IV da “Torquato Tasso, Rime”.
III da“Lettere inedite di Torquato Tasso poste insieme dall'abate Pier’AntonioSerassi, Pisa,presso Niccolò Capurro, MDCCCXXVII”; e da “Torquato Tasso, Rime, Sonetto alla Contessa di Scandiano, Loda il labro di sotto de la signora Leonora Sanvitale, il quale è alquanto ritondetto e si sporge fuori con mirabil grazia”.
N.B. Della lettera Alla Signora Leonora Sanvitaleè stata rispettata l’ortografia dell’edizione presso Niccolò Capurro.
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